venerdì 1 febbraio 2013

Prefazione di Romolo Liberale sul fumetto Spartacus di fantauzzi J.

SPARTACO: la storia  si fa leggenda

   Dire Spartaco a fumetti, é impresa, nello stesso tempo, originale e audace per le implicazioni che comporta sul piano del ritmo narrativo, ma innanzitutto della evocazione, nell’immaginario del lettore, e specialmente dei giovani a cui la pubblicazione è prevalentemente indirizzata, di una figura che giganteggia nella storia quale riferimento imprescindibile del secolare sogno di libertà che ha attraversato (e non finirà mai di farlo) il pensiero e il gesto dell’uomo che vive l’impegno nel presente come seme fecondo del futuro.
   James Fantauzzi, obbedendo ad un impulso a lungo meditato per le vie della corrispondenza della figura dell’eroe ribelle con la propria carica di idealità libertarie, lo ha fatto e lo ha fatto bene. E in questo sta la ragione per cui, una storia raccontata in queste pagine, non va ripetuta nel succinto spazio di una recensione, ma sottolineata nei passaggi fondamentali solo per stimolare in chi legge un più alto livello di attenzione e una più fervida partecipazione emotiva alla vicenda di un protagonista il quale, camminando per le vie della storia, si eleva a mito e leggenda.
   E’ il lucignolo che si fa fiamma e divampa in un fuoco che ha scosso la mente e il cuore  di quanti degli aneliti della libertà fanno motivo di vita giustificando così la propria presenza nel modo e in relazione al quale non sentirsi inquilino passivo, ma partecipe protagonista.
   Anch’io, scrivendo questa nota, sono decisamente condizionato dalla mie inquiete riflessioni sul destino dell’uomo in rapporto alla storia –  i saggi l’hanno definita la più difficile delle scienze – che è madre generatrice di pensamenti, riflessioni, emozioni; e che suggerisce, di conseguenza, scelte e partecipazione.
   La figura di Spartaco ha affascinato nei secoli quanti della dignità dell’uomo, del riscatto da ogni forma di schiavitù, del pieno realizzarsi della persona, hanno fatto il loro terreno di meditazione e di lotta. Immagino Marx chino a scrivere all’amico Engels, con Spartaco nel pensiero, la sua ammirazione per il giovane pastore che si fa soldato, da soldato ribelle, da ribelle condottiero di un esercito di poveri che fa tremare la potente Roma. Colui che viene definito “grande generale”, “migliore protagonista della storia antica”, “genuino rappresentante dell’antico proletariato”, trova spazio finanche nelle pagine di Plutarco che ne sintetizza un limpido e appassionato ritratto per dire che “era estremamente forte e serio, intelligente e chiaroveggente”. e che il suo aspetto era quello “più di un greco che di un barbaro”.
   La storia ha reso a Spartaco uno spazio che si è sempre più dilatato nei secoli. Una storia che è lievitata nei saperi alti e che ha gonfiato le bandiere di quanti sfidano le oppressioni, le emarginazioni, le negazioni, in nome della più compiuta dimensione dell’uomo: la libertà materiale e spirituale. Giganteggiando nella storia, Spartaco si fa spirito dei tempi, luce nelle oscurità oppressive, lampo nei gesti rivoluzionari e sovente anche nelle esplosioni di collera popolare contro le rozze prepotenze dei potentati locali. Penso, tra l’altro, ai cameroni dei deportati dal fascismo nelle isole di confino dove, uno di loro, immagina lo spirito di Spartaco alla testa delle ondate rivoluzionarie. Ho rintracciato tra le mie vecchie carte  un foglio sgualcito dal tempo con sopra la succinta annotazione: “I canti di Spartaco”.  Sono canti che, parodiati sulle arie delle canzonette in voga, venivano cantati dai deportati nei pochi momenti di svago nelle lunghe ore serali dando alla coralità uno struggente senso di malinconica nostalgia per la libertà negata. I canti di Spartaco si alternavano con i più noti canti della protesta, della speranza, della testimonianza. Ne ricordo uno che evoca lo spirito di Spartaco aleggiare nei moti rivoluzionari che dalla Russia zarista arriva nel cuore dell’Europa tanto che – dicono i versi modulati sull’aria della Leggenda del Piave – “valicò gli urali e il Cremlino/ e giunse fino a Monaco e Berlino/ qui sventolando la bandiera rossa/ diede il segnal della riscosse/ e cadde, ma di notte sulla Sprea/ qual immenso la salma falò risplendea”. Lo spirito di Spartaco che sfidò la potenza di Roma in nome della libertà, ha attraversato i secoli ed è entrato nei contesti del lavoro umiliato, della fame mai saziata, delle soggezioni escludenti, della miseria che spezza le esistenze umane, del mondo inquieto dei dimenticati senza nome e senza storia. In questi contesti di vite negate, la fiamma spartachiana non si spegne mai e prende forme che coinvolgono, nel contempo, realtà nazionali e ambiti familiari. Primeggia, in questo contesto, la lega spartachista tedesca che salda il pensiero rivoluzionario di Rosa Luxenburg e Karl Liebknecht, assassinati  da alcuni ufficiali del nascente nazismo, al nome di Spartaco. In molte famiglie quel nome fascinoso entra come testimonianza di fedeltà al sogno di emancipazione. Molti figli di militanti dei moti rivoluzionari vengono chiamati col nome che ricorda il giovane pastore, il soldato disertore, il capo militare, il combattente intrepido, il condottiero che cade e subisce il supplizio. E si ravviva nell’immaginazione degli uomini liberi il tragico scenario dei seimila legni con appesi i corpi degli sconfitti che sta nella storia come memoria di quanto, qualche secolo dopo, avverrà per un ribelle nelle alture del Golgota.

                                                              ***

   Tracce di questa storia divenuta leggenda, sono vive e palpitanti nel paziente, accorto, partecipato racconto ordinato, per immagini e parole, in questa pagine. James Fantauzzi si è improvvisato, con indubbia maestria, storico e disegnatore. Non so dire quali siano i criteri che hanno stimolato l’autore a far rivivere un gigante del gesto ribelle in queste pagine dalle modulazioni che hanno il sapore fresco ed immediato delle narrazioni infantili. E non so dire neanche se è più la parola ad esplicitare l’immagine o l’immagine a mettere le ali alle parole. Posso dire con certezza – questo sì – che vi è un accorto dosaggio tra parola e immagine le quali insieme concorrono a dar senso di compiutezza espressiva ad un evento tanto lontano a misura di storia e tanto vicino alla nostra quotidiana vita di relazione. Si è lungamente dissertato sul senso della rivolta per cercare in essa le connotazioni della rivoluzione. E si è detto, col soccorso della storia, che mentre la fame genera collera e rivolta, sono le ingiustizie, le umiliazioni, la negazione della libertà a generare pensieri e gesti rivoluzionari. E quando aneliti di libertà e morso della fame si congiungono, la miscela divampa tra moltitudini di emarginati i quali, rivendicando il proprio spazio nella storia, incendiano un momento di vita perché partorisca il futuro. Nel contesto della rivolta spartachiana deve essere accaduto qualcosa del genere. E il segno che ha lasciato nella storia è stato talmente profondo da lievitare fino alle moderne rivoluzioni.

                                                              ***

   La figura dell’eroe ribelle che straripa nella pubblicistica, nei canti popolari, nella filmografia - e che tra l’altro ha impegnato il genio creativo dello scultore Louis-Ernest Barrias il quale gli ha dedicato un marmo esposto nel Giardino delle Tuileres di Parigi immaginandolo crocifisso per la via Appia – deve aver esercitato un fascino particolare su Giuseppe Bifolchi, nato a Balsorano, lo stesso paese dove è nato l’autore di questo originale racconto “a fumetti”. Giuseppe Bifolchi ha dedicato alla figura e alle imprese di Spartaco un volume che dà la misura di quanto profondo sia stato l’interesse per uno schivo che, in nome della libertà, organizza un esercito di schivi e sfida la potenza di Roma. A leggere il volume si ha sensazione che Bifolchi cerchi nella figura di Spartaco motivi ideali da correlare alle sue scelte di combattente per la libertà. Il volume è scritto con gli impulsi del cuore e le meditazioni della mente: un incontro fecondo che fa dell’amore per la libertà un lievito delle scelte ideali e dell’impegno politico. Sono queste le ragioni che spingono Bifolchi - figlio della terra balsoranese che ha conosciuto da ragazzo il mondo della doppia povertà che colpisce lo stomaco e nega il sapere – ad andare oltre. Ha dato alle sue idealità libertarie il supporto dell’agire politico, della cospirazione antifascista, dell’affinamento culturale nel confino coatto tra il fior fiore della intellettualità della contestazione, dell’impegno militare partecipando, con le armate internazionali, alla difesa della giovane e sfortunata Repubblica Spagnola aggredita dalla reazione franchista e clericale. Ho avuto il privilegio di conoscere Peppino Bifolchi quando, dopo la caduta del fascismo, fu il primo sindaco del suo paese in una Italia che riprendeva faticosamente il cammino verso la democrazia. Lo ricordo come uomo dai  sorrisi appena accennati, sempre pensoso, con nel volto i segni di una espressione severa. Con quel sigaro sempre in bocca mi appariva come il tipico contadino abruzzese, asciutto, forte, con addosso la sordità di una società chiusa agli ardori della libertà e della giustizia e il cruccio di una diffusa  povertà rassegnata a rimanere, come diceva un antico canto di protesta, nella eterna condizione di plebe  “tradita e maledetta”. Peppino era uomo di poche parole, succintamente scandite, molto pensate. Parlava poco di se stesso, delle sue esperienze politiche oscillanti tra un anarchismo di coloritura romantica e un repubblicanesimo che auspicava quale sbocco statuale nell’imminente referendum istituzionale. Lo incontravo presso lo studio dell’avvocato Pietrantonio Palladini, ad Avezzano, figura eminente del socialismo marsicano, perseguitato, confinato antifascista, con il quale intratteneva  rapporti di una amicizia maturata sulla scia dei comuni vincoli ideali e illuminata da grande affetto. Speravo sempre in qualche più diffusa narrazione del suo passato, ma mi dovevo accontentare di  laconici accenni alle prospettive dell’Italia del tempo dei nostri incontri. Maturai, col tempo, la convinzione che la riservatezza sulla sua esperienza, era un dato del suo carattere: un certo pudore per non dare la pur minima sensazione di voler trarre profitto di considerazione e di materiale interesse dal suo passato antifascista. E ad un attento lettore delle pagine che Giuseppe Bifolchi ha dedicato alla figura di Spartaco, non può sfuggire come, insieme al taglio storico, egli abbia voluto cercarvi una lezione per nobilitare la grande utopia libertaria che unisce tra di loro quanti sognano una società di giusti e uguali.
                                                                                                      

Romolo Liberale





Prefazione “epica” del grande e compianto Romolo Liberale. Analisi profonda e “senza tempo” del mitico Spartaco e delle sue gesta che hanno rischiato di piegare la Repubblica romana. Ho letto il fumetto e devo dire che il marsicano Fantauzzi James ha creato dal nulla un vero e proprio capolavoro “storico”. Immagini accattivanti e convincenti anche se, a mio modesto parere, con troppe scene violente e crude non adatte ai bambini. Peccato, quest’opera poteva avere una funzione pedagogica. Assolutamente da leggere.

Laura C.

Tratto da:

http://www.terremarsicane.it/node/25146

4.0 su 5 stelle




Anonimo Anonimo ha detto...
Romolo, un esempio di vita da seguire.

15 febbraio 2013 00:13
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Anonimo Giovanna Paponetti ha detto...
Liberale, sei l'incarnazione della cultura marsicana nel mondo. Sei un mito!!!

07 marzo 2013 04:23
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Anonimo Anonimo ha detto...
Viva Giuseppe Bifolchi e viva Romolo Liberale! è bello che Fantauzzi sia anch'egli di Balsorano e unito a Giuseppe Bifolchi da Spartaco.
Andrea D'Emilio, Pescara

30 luglio 2013 11:47
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Blogger Spartacus trax ha detto...



Addio Romolo... piango per la tua scomparsa e spero che da lassù potrai incontrare Spartaco il quale, sono convinto, ti abbraccerà.

J.F.

28 ottobre 2013 02:44
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Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Prefazione di Romolo Liberale sul fumetto Spartacu...": 

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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Romolo, un esempio di vita da seguire.

Giovanna Paponetti ha detto...

Liberale, sei l'incarnazione della cultura marsicana nel mondo. Sei un mito!!!

Anonimo ha detto...

Viva Giuseppe Bifolchi e viva Romolo Liberale! è bello che Fantauzzi sia anch'egli di Balsorano e unito a Giuseppe Bifolchi da Spartaco.
Andrea D'Emilio, Pescara

Unknown ha detto...

Addio Romolo... piango per la tua scomparsa e spero che da lassù potrai incontrare Spartaco il quale, sono convinto, ti abbraccerà.

J.F.